Più tutto è liquido più sento forte la sete
Sete – Mezzosangue
16 Aprile. Domenica. Meteo Favorevole.
Passeggiata lungo Via Bentini per raggiungere il Laghetto di Corticella.
E’ caldo al sole e freddo all’ombra.
Beats sulla testa.
E’ arrivato il momento di “Sete” di Mezzosangue nelle orecchie.
Primo ascolto.
WTF!
Bene. E molto.
Aspetta… che faccio un altro giro. E poi rimango incastrata fino al live.
21 Aprile ore 20:30 – Cancelli aperti all’Estragon
“Mezzo. Mezzo. Mezzo.” il pubblico chiama e il passamontagna si fa attendere.
Dietro una retina semi trasparente, come un sipario invisibile, appare Luca Ferrazzi e inizia il live con “SETE”. In mezzo a coreografie, video immersivi perfettamente integrati nello show, Mezzosangue pesca i brani da una scaletta che si muove veloce tra prima e dopo nel tempo: Soul of Supertrump, Tree e Sete.
Sete. Il terzo album, si vocifera che sia sempre il più difficile. A me questa cosa sembra una enorme gigantesca cazzata.
Perchè dovrebbe essere più difficile?
Cosa c’entra il numero dell’album se non a creare aspettative e moti isterici di mercato? L’artista se tale può definirsi non ha bisogno di riti scaramantici calati dall’alto dall’insipienza.
SETE è un concept album imbevuto di desiderio.
Dieci modi di sentire la SETE.
Dal passamontagna nero a uno bianco: il viaggio.
Un teatro di suoni in cui cresce il desiderio di evoluzione e conciliazione di Mezzosangue.
Evoluzione, conciliazione e affermazione in uno spazio tempo puntellato di testi capaci di muoversi leggeri in strutture sonore piene, non tradendo mai l’intento di andare giù a fondo nei fondali dei segreti più intimi.
I segreti liquidi che tiriamo fuori quando riusciamo a mettere in pausa l’esistenza quotidiana e ci dondoliamo per qualche attimo su quel sentire sempre protetto dai muri di abiti.
Si salva chi le sensazioni le mette in fila lungo righe di parole.
Live d’emozioni. Di suoni. Movimenti e Immagini.
Una bolla di immaginari costruiti nel giusto equilibrio di chi conosce le sue capacità e desidera dimostrarlo, ma tiene anche alta la bandiera di un compromesso non accettabile nel passaggio da etichetta indipendente a Major.
90 minuti di puro spettacolo.
Foto di copertina di Nino Saetti da vezmagazine.it